Come emettere fatture in criptovalute

Oggi le criptovalute non sono più una curiosità da nerd: sono strumenti veri, concreti, usati per regolare contratti internazionali, compensare fornitori esteri o pagare consulenze. Ma occhio, perché emettere correttamente una fattura in crypto è un’arte fatta di tecnica, normativa e una sana dose di buon senso professionale. Qui ti spiego come funziona.

Cosa significa davvero emettere una fattura in criptovalute

Molti pensano che basti accettare un pagamento in Bitcoin o Ethereum e il gioco sia fatto. No, ragazzi. La fatturazione richiede di ancorare l’operazione a una realtà fiscale precisa. In Italia, la moneta avente corso legale resta l’euro. Quindi? Significa che anche se vieni pagato in crypto, devi esprimere l’importo in euro su base ufficiale. Punto.

Il riferimento normativo

A partire dalla risposta all’interpello 14/E del 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le criptovalute non sono valute a corso legale, ma mezzi di pagamento assimilabili a valute estere. Ciò implica che, dal punto di vista fiscale, la fattura deve riportare l’equivalente in euro al momento dell’emissione. Il tasso di cambio deve essere verificabile: idealmente da un exchange ufficiale.

Valuta di pagamento vs. valuta di fatturazione

Questa distinzione miete vittime tra i neofiti. La criptovaluta può essere il mezzo di pagamento, certo, ma la valuta di fatturazione resta l’euro. E questo va indicato correttamente nel corpo della fattura: imponibile, IVA, importo totale, tutto espresso in euro. Poi, in nota, vai a indicare la crypto ricevuta, il wallet, il tx hash, e il tasso di cambio usato. Nessuna scorciatoia qui.

Struttura tecnica di una fattura in criptovalute

Vediamo nel dettaglio come dev’essere strutturata, nel concreto, una fattura con pagamento in criptovalute. Ti do la versione che ho rodato su decine di clienti, approvata anche in verifiche fiscali severe.

Campi obbligatori

  • Dati del fornitore e del cliente.
  • Data e numero progressivo della fattura.
  • Descrizione del servizio o bene.
  • Imponibile in euro.
  • Aliquota e importo IVA (se dovuta).
  • Totale da pagare in euro.

Scelta dell’exchange di riferimento

Qui bisogna usare buon senso e prove solide. Anch’io, nei primi tempi, usavo tassi presi da siti aggregatori ma, quando si è trattato di documentare le operazioni davanti a un ispettore fiscale, ho visto clienti nei guai per una virgola messa male. Scegli sempre un exchange regolamentato, con cronologia storica scaricabile. Kraken e Binance (in modalità professionale) vanno bene. CoinMarketCap? Lascia perdere.

Modalità di incasso e documentazione

Ricevere criptovalute non è come incassare contante. La registrazione dev’essere tracciabile, persistente e provabile. Use proof or pay the price. Letteralmente. Ho gestito un contenzioso in cui un freelancer aveva incassato 0.3 BTC per un progetto, ma aveva “perso” la chiave privata. Risultato: fattura ok, pagamento incassato fiscalmente… ma inaccessibile. Pagò l’IVA su moneta perduta.

Registrare i dettagli

Quando incassi, annota e conserva:

  • Tx hash completo della transazione.
  • Indirizzo del mittente.
  • Indirizzo del tuo wallet.
  • Screenshot della transazione sull’explorer ufficiale (es. Etherscan).
  • Valore della crypto in euro al momento dell’incasso.

Wallet consigliati per incasso

Se lavori con fatturazione crypto regolare, non puoi affidarti a portafogli anonimi su mobile. Servono wallet con backup automatico, CSV scaricabili e log delle transazioni. Ledger Live con wallet hardware? Buona scelta. Portafogli custodial con estrazione su Excel? Accettabile. Ho visto studi commercialisti preferire Coinbase Business perché scaricano tutto. Evita le soluzioni esotiche e non supportate.

IVA e regime fiscale: attenzione ai dettagli

Qui siamo in territorio minato. L’IVA non si calcola in crypto, non si detrae in crypto, e sicuramente non si versa in crypto. L’importo in euro è base fiscale. Da lì si determina tutto. Chi emette fatture in reverse charge dovrà comunque indicare correttamente il tipo di operazione, anche se viene pagato in stablecoins.

Crypto e contribuenti forfettari

Ricevo spesso questa domanda dai consulenti digitali con partita IVA forfettaria: “posso ricevere 1.000 USDT come compenso per un servizio?” La risposta è: sì, ma devi lo stesso dichiarare il controvalore in euro nel tuo registro e, se superi i limiti di ricavo, scatti fuori dal regime forfettario. Le crypto non sono invisibili al fisco come qualcuno ancora crede. Stai attento alle soglie.

Fatture in criptovalute e pagamenti tramite POS crypto

Se lavori nel commercio al dettaglio, accettare crypto al banco o online implica l’utilizzo di POS o gateway specializzati. Ne ho testati parecchi negli anni, alcuni affidabili, altri dei veri trabocchetti. I migliori oggi sono quelli integrati con sistemi fiscali italiani, con riconciliazione automatica in euro.

Se gestisci vendite B2C o B2B occasionali e cerchi uno strumento affidabile, ti consiglio di dare un’occhiata a soluzioni POS per pagamenti in crypto. Sono strumenti che facilitano la conversione automatica e semplificano la rendicontazione in contabilità. Per chi inizia, sono una manna.

Stablecoin: una scelta (quasi) obbligata

Nel 2024, se vuoi fare fatturazione regolare in criptovalute, ti serve una moneta stabile. Ho visto troppi casi dove il pagamento in BTC si svaluta del 10% prima di arrivare nel wallet. La soluzione? USDC e USDT su rete Ethereum o, meglio ancora, Polygon per risparmiare sulle fee. Zero sorprese, zero nervi a pezzi.

Ricevere in stablecoin ti permette anche una valutazione più semplice del cambio, meno rischio valutario e rendicontazione più lineare in sede di dichiarazione dei redditi. Insomma, una mossa intelligente per chi non vuole impazzire ogni 48 ore.

Criptovalute e sicurezza: proteggi ciò che incassi

Davvero vuoi fare tutta questa fatica per poi farti rubare tutto con un phishing? Ti sembrerà ovvio, ma ogni trimestre ho almeno un cliente che perde i fondi perché clicca sul link sbagliato. Se lavori con volumi significativi in crypto, anche solo poche migliaia di euro al mese, devi comprendere il ruolo della sicurezza nel mondo DeFi e nei wallet operativi.

Parliamo di abilitazione 2FA, cold wallet per le riserve, uso di bridge affidabili se operi cross-chain. Sul serio, proteggere le proprie crypto è parte integrante del processo di fatturazione oggi. Non è facoltativo, è prassi professionale.

Considerazioni finali e approccio mentale

Emettere fatture in criptovalute non è un trucco per essere moderni o “nerd”. È una strategia precisa per chi lavora con clienti globali, gestisce asset digitali o valorizza la velocità dei pagamenti decentralizzati. Ma non è un campo per improvvisati. Serve rigore tecnico, preparazione normativa e uno spirito artigiano.

Ricorda: una fattura ben fatta oggi ti salva da un contenzioso domani. Fatti una checklist, preparati un modello, educa i tuoi clienti. E sii sempre pronto a giustificare ogni voce con la trasparenza di una blockchain e la meticolosità di un vecchio commercialista. Questo è il vero modo professionale di lavorare in crypto. 

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