Royalties NFT: come funzionano e quanto guadagna l’artista

Negli anni ho visto dinamiche improprie, promesse gonfiate e, ogni tanto, una manciata di artisti realmente tutelati. Quando si parla di royalty nel mondo NFT, succede spesso che chi entra da neofita venga sommerso da termini tecnici, meccanismi opachi e aspettative poco realistiche.
Se sei un artista, o qualcuno che lavora con loro, e vuoi capire davvero se le royalty NFT sono una promessa concreta o solo fumo negli occhi, allora siediti: stiamo per sviscerare il tutto pezzo per pezzo, come si faceva un tempo nei vecchi laboratori d’incisione.
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Cosa sono le royalties sugli NFT
La royalty NFT è un pagamento automatico riconosciuto all’artista (o al creatore originale) ogni volta che l’opera viene rivenduta. In parole povere: vendi un tuo pezzo digitale come NFT, qualcun altro lo compra e poi lo rivende? Tu incassi comunque una percentuale, anche anni dopo la vendita iniziale.
Royalties on-chain vs off-chain: la confusione più comune
Il primo errore che vedo fare, da collezionisti e creativi, è pensare che le royalty siano garantite “nativamente” dalla blockchain. Beh, dipende. Su alcune piattaforme le royalty sono implementate off-chain, cioè sono una convenzione del marketplace, non una regola scritta nel codice di uno smart contract.
Questo significa che basta spostare la vendita su un altro marketplace (magari uno che “salta” le royalty) per far svanire i guadagni dell’artista. Se vuoi che le royalty siano realmente enforceable, bisogna conoscere bene l’ambiente, leggere il contratto NFT e, dove serve, saper scrivere codice ad hoc. Se non lo fai, stai delegando la tua paga alla buona volontà degli altri.
Come vengono definite le royalty in uno smart contract
Quando crei un NFT, puoi includere nel protocollo dello smart contract una percentuale fissa da riconoscere agli autori nelle vendite secondarie. Questo campo, nella maggior parte degli standard (come ERC-721 o ERC-1155), può essere configurato attraverso metodi specifici.
RoyaltyPercentage: il parametro più trascurato
Molta gente imposta royalty del 10%, 15%, anche 20%. All’inizio sembrano cifre sensate. Ma attenzione: mercati come OpenSea o Blur spesso impongono limiti, e certi collezionisti rifuggono NFT con royalty alte. Uno dei miei primi clienti inserì royalty al 15% su una collezione basata su Ethereum, bene, non vendette quasi nulla.
La lezione? Calibra la royalty non solo sul valore percepito dell’opera, ma sul comportamento atteso del mercato secondario. Un range tra 2,5% e 7,5% tende a essere più digeribile per la maggior parte degli utenti oggi, specie su layer2 dove i volumi stanno migrando rapidamente, e a proposito, qui trovi un’analisi pratica su Layer2 Ethereum: vantaggi e svantaggi.
Quanto guadagna davvero un artista con le royalty NFT?
La risposta breve: dipende dal successo della collezione sul mercato secondario. Ho assistito a casi in cui un NFT di nicchia, venduto inizialmente a pochi ETH, generava nel tempo cinquemila, diecimila euro di royalty, e altri mille identici, finiti nel dimenticatoio.
Un esempio reale dal campo
Qualche anno fa ho aiutato un illustratore italiano a lanciare una serie NFT su Polygon. Prezzo iniziale: 50 MATIC per token. Nelle prime due settimane, vendite tranquille. Poi un paio di trader americani hanno flipatto alcune opere su un marketplace terzo. Risultato: 128 transazioni secondarie in tre mesi, con royalty al 5%. Ha guadagnato più dai mercati secondari che dalla mint iniziale.
Stime previsionali da non sopravvalutare
Se stai progettando una collezione NFT, evita piani finanziari che assumano guadagni post-vendita come automatismi. Il 70% dei progetti che ho seguito dopo il 2021 non raggiunge nemmeno il 30% delle aspettative previste in royalty. Le view vanno basate su metriche reali: engagement organico, community attiva e reale interesse collezionistico.
I marketplace e il rispetto delle royalty: dove casca l’asino
I marketplace sono il cuore pulsante delle vendite secondarie. Ma non tutti sono eguali nel rispetto delle regole di royalty. Alcuni rispettano i contratti, altri li ignorano del tutto. /Molti artisti pensano ancora che mintare su OpenSea basti per proteggersi/.
Marketplace friendly e royalty bypassati
Mi è capitato più di una volta di assistere a vendite su piattaforme che deliberatamente disattivano le royalty. Succede in particolare quando i token vengono scambiati via contratto custom, o attraverso soluzioni decentralizzate peer-to-peer. In questi casi l’artista resta a bocca asciutta.
È fondamentale saper utilizzare strumenti tecnici: verifica sempre se il contratto ERC dichiarato è compatibile con il marketplace scelto, e se quel market ha una royalty policy pubblica. In caso contrario, puoi veder saltare il frutto del tuo lavoro. E poiché la protezione non riguarda solo le royalty ma tutto l’ambiente, ti consiglio fortemente di leggere questa guida alla prevenzione degli attacchi DNS ai wallet crypto.
Royalty enforcement tramite EIP-2981
Con l’introduzione dello standard EIP-2981, abbiamo fatto un passo avanti. Questo standard consente ai marketplace di leggere in automatico le impostazioni di royalty definite nel contratto. Ma attenzione: questo non impone l’applicazione, offre solo una base per farlo.
Limitazioni pratiche dell’EIP-2981
Ho lavorato su diversi deployment EIP-2981 e il punto debole rimane sempre lo stesso: enforcement opzionale. Se un marketplace sceglie di ignorarlo, nessuno lo obbliga. Dunque l’artista deve ancora scegliere con cura dove far atterrare la propria collezione. E sì, servono competenze tecniche per questa selezione. Altro mito da sfatare: “basta lo standard e sto a posto”. No, ci vuole visione strategica.
Differenze tra blockchain: Ethereum, Polygon, Tezos, Solana
Ogni catena ha regole, limiti e comunità diverse. Ethereum è lo standard de facto, ma con costi di gas spesso proibitivi. Polygon offre una soluzione più scalabile, ma con mercati secondari meno liquidi. Tezos e Solana puntano su performance e sostenibilità, ma la compatibilità con gli standard royalty varia sensibilmente.
La scelta giusta dipende dal tuo pubblico
Se il tuo target è composto da collezionisti “seri”, orientati su Ethereum o Layer2. Se invece punti su giovani esploratori digitali o artisti emergenti, Polygon e Tezos potrebbero bastare. Ma fai attenzione: la gestione delle royalty cambia. Su Solana, ad esempio, l’assenza di uno standard unificato ti può mettere nei guai se il marketplace decide di ignorarti.
Come tutelare davvero i tuoi guadagni NFT
La vera protezione dell’artista non dipende solo dallo smart contract. Devi conoscere il mercato, valutare la legalità dei marketplace, essere pronto a migrare su nuove piattaforme e, quando serve, a far valere contratti legally binding, magari tramite DAO o token-gated sales.
Checklist operativa degli esperti
- Usa smart contract modulari e upgradeabili
- Pubblica sempre metadati immutabili o su IPFS
- Evita royalty superiori a 7.5% per collezioni nuove
- Verifica ogni marketplace prima della mint finale
- Consulta un avvocato blockchain per tutela legale internazionale
Conclusione: l’arte è eterna, le piattaforme no
Ho visto artisti perdere tutto per fidarsi ciecamente di piattaforme “comode” o partner tecnici inadeguati. Ma ho anche visto creatori indipendenti ottenere guadagni ricorrenti per anni grazie a contratti ben scritti e una community consapevole.
La scelta spetta a te: vuoi accedere ai frutti futuri delle tue opere, o vendere tutto oggi per il classico pugno di euro? Le royalty NFT sono uno strumento potente, ma solo nelle mani di chi sa come usarle. E in questo ecosistema ancora giovane, cavarsela con l’esperienza può fare tutta la differenza del mondo.
Ricorda: la blockchain conserva, ma non protegge. Sta a te scegliere dove scrivere la tua storia.
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