Tassazione crypto in Portogallo

Ci sono leggi scritte e poi ci sono leggi vissute. Ho passato gli ultimi venticinque anni maneggiando crypto e regolamenti fiscali, dal codice binario al codice civile. In questo mestiere, o afferri le sfumature o ti fottono al primo controllo. Il Portogallo, per anni considerato una Mecca fiscale dalle balene del settore, sta cambiando pelle. Chi non si adatta resterà indietro.
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Perché il Portogallo? Il mito dell’esenzione fiscale
Una volta, bastava atterrare a Lisbona, aprire un conto, e voilà: niente tasse sulle plusvalenze da crypto. Era il paradiso degli early adopter. Ma attenzione: quello scenario è ormai roba da museo, come le GPU da 2GB usate per minare nel 2013.
L’origine del vantaggio fiscale
Nel 2016, la Portuguese Tax and Customs Authority ha emesso un parere interpretativo: le plusvalenze da crypto, per persone fisiche, non erano soggette all’IRS (l’equivalente dell’IRPEF). Ma era un’interpretazione, non una legge vera e propria. E questo ha portato a una confusione che ancora aleggia tra i novellini.
Il cambio di passo dal 2023
Dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore una nuova normativa. Ora il fisco portoghese distingue tra detenzione a breve termine (meno di 365 giorni) e lungo termine (più di 365). Chi vende prima dell’anno paga il 28% sulle plusvalenze. Chi aspetta, è esente. È il ritorno della logica buy-and-hold, quella che molti trader dimenticano nel frullatore di strategie che non durano una settimana.
Residenza fiscale: il primo nodo da sciogliere
Chi pensa di trasferirsi in Portogallo solo per evitare le tasse è fuori strada. La legge ti chiede residenza fiscale reale, non figurativa. E fidati, ho visto l’Agenzia delle Entrate italiana beccare expat al primo errore formale.
Criteri per la residenza fiscale in Portogallo
Se vivi più di 183 giorni in territorio portoghese, oppure hai qui la tua dimora abituale o il tuo centro di interessi vitali, sei fiscalmente residente. Questo vale sia per chi ha il domicilio sia per chi ha soltanto legami economici forti. E credimi: l’AUTORIDADE TRIBUTÁRIA non guarda solo alle date su un biglietto aereo.
Attenzione al centro di interessi vitali
Ho seguito un cliente che viveva a Porto ma con famiglia e società ancora in Italia. Risultato? Le autorità italiane lo hanno considerato fittiziamente residente all’estero. Una multa da capogiro e CRM bloccato per mesi. Se sposti le crypto, devi spostare anche la vita. Punto.
La nuova legge sulle crypto: categorie e imposte
Il Portogallo oggi classifica le crypto come attività finanziarie autonome. E fa distinzione tra investimenti, staking, mining, e attività commerciali. È finita l’epoca della detenzione indistinta. E ogni categoria ha il suo regime fiscale. Serve fare i compiti a casa, altrimenti il commercialista ti sbranerà in tre riunioni.
Compravendita a fini d’investimento
Se vendi crypto detenute da meno di un anno, prepàrati: pagherai il 28% sulla plusvalenza netta. Il calcolo si basa sul valore di mercato al momento dell’acquisto meno il valore al momento della vendita. Nessun escamotage. Nessun sconto. Se invece tieni il token più di 365 giorni, non paghi nulla. Ma occhio: il fisco verifica, e non ci casca coi wallet creativi.
Staking e rendite passive
Ah, lo staking: la gallina dalle uova d’oro per chi non vuole vendere. Però in Portogallo è considerato reddito da capitale. Quindi tassato come tale, al 28%. Anche i reward ottenuti da piattaforme DeFi entrano in questa categoria. E parlando di DAO e gestione delle controversie nella DeFi, ho spesso ricordato che l’opacità giuridica di molte DAO può complicare i tributi ancora di più.
Mining: attività commerciale a tutti gli effetti
Qui non si scherza. Se mini crypto, sei trattato come imprenditore. Non basta attaccare un ASIC e incassare. Devi aprire partita IVA, registrarti all’autorità fiscale, dichiarare le entrate e pagare IVA laddove dovuta. Ho assistito minatori dilettanti che si sono beccati retroattivamente accertamenti per motivi ridicoli come l’assenza di fatture elettriche. Sfuggire alla norma è impossibile, specie in un’Europa sempre più digitalmente fiscale.
Tokenomics e la questione FDV: impatto fiscale in Portogallo
C’è un equivoco enorme tra chi investe in criptovalute senza capire come funziona l’economia dei token. Non puoi valutare una posizione nel portafoglio senza considerare la Fully Diluted Valuation (FDV). E in Portogallo, se realizzi plusvalenza su un token appena listato ma con FDV sballata, il fisco non sentirà ragioni: vuole la sua fetta.
Un esempio pratico sull’FDV
Mi è capitato di analizzare un token con FDV superiore di dieci volte al market cap circolante. Un cliente ha venduto a prezzo IPO pensando d’aver fatto l’affare del secolo. Peccato che sette mesi dopo il valore fosse crollato del 95%… ma il fisco ha comunque richiesto il 28% sulla plusvalenza iniziale. La moralità non conta. Conta il prezzo in quel momento. E nei libri contabili non ci sono eccezioni.
NHR (Non Habitual Resident): un regime in evoluzione
Un tempo, bastava iscriversi al NHR per avere esenzioni infinite su pensioni e plusvalenze. Ma il Portogallo ha ridotto i vantaggi, specialmente per i nuovi iscritti. Il regime rimane appetibile, ma non più l’eldorado che molti immaginano scorrendo i forum pieni di illusioni.
Cosa prevede attualmente il regime NHR
Chi si registra come NHR può ottenere esenzione su redditi da fonti estere per dieci anni, ma l’autorità fiscale ha dettagliato meglio cosa intende per “fonte estera”. Le crypto, essendo spesso on-chain e senza giurisdizione fisica chiara, rientrano in una zona grigia. Ne ho viste parecchie di istanze NHR respinte proprio per errori su questo punto. Meglio discuterne con consulenti esperti (non improvvisati!).
Dichiarazioni, documenti e buona conservazione
Chiunque abbia vissuto un audit fiscale lo sa: quello che conta non è quanto hai guadagnato, ma cosa riesci a dimostrare. Serve tracciare ogni movimento, ogni scambio, ogni transazione di wrapping, bridging o farming. Non basta il CSV di Binance. Serve un sistema coerente.
Strumenti per una rendicontazione impeccabile
I software di tracciamento come CoinTracking o Koinly possono aiutare, ma non sono infallibili. Ho visto centinaia di errori nei cost-basis generati automaticamente. La regola d’oro? Usa questi tool, ma valida tu i dati. Se non sei in grado di farlo, meglio pagare un esperto anziché perdere tutto al primo controllo incrociato.
Archiviazione: l’arte dimenticata
Una volta si tenevano i libri contabili in una cassaforte. Oggi fidarsi solo del cloud è da folli. Stampa i documenti rilevanti, firma digitalmente i PDF, archivia in tripla copia. Il Portogallo prevede obbligo di conservazione dei dati fiscali per dieci anni. E ho visto wallet andati distrutti per reset banali, con esiti fiscali devastanti. Il rispetto dei documenti è rispetto di sé stessi.
Conclusioni: una disciplina, più che una tecnica
Fare crypto in Portogallo non è solo questione di numeri, ma di disciplina. Chi crede di poter improvvisare è destinato a pagare caro. E non solo in euro. Pagherà in tempo, credibilità, e possibilità di operare. Questo mestiere, come il ferro battuto, richiede tempo, metodo e mani sporche. Non si può lasciare al caso.
Non aspettarti regole perfette. Il quadro normativo resta giovane, in evoluzione. Ma con la giusta cautela, il Portogallo offre ancora interessanti opportunità. Il mio consiglio? Tratta le crypto con il rispetto di un contabile svizzero e la lungimiranza di un contadino portoghese: semina oggi, raccogli domani… solo se il fisco lo permette.
E ricordati sempre: non è tanto dove vivi, ma come vivi fiscalmente. Il Portogallo può essere una benedizione, ma solo se sai muoverti come un professionista vero. Occhi aperti, niente scorciatoie, e tanto studio. Perché in questo campo, chi prende scorciatoie finisce spesso giù dal burrone.